A tre chilometri da Macari si giunge a San Vito Lo Capo. Dopo aver lasciato il mare ad ovest, si prosegue verso nord immettendosi nell’arteria principale del paese che porta, sempre dritto, alla famosissima spiaggia di sabbia chiara dal mare cristallino. Il borgo, tipicamente marinaro, si svolge intorno a tale via ed è caratterizzato, prevalentemente, da case di pochi piani dove predomina il bianco sulle facciate e l’azzurro o il legno naturale alle finestre, e dove giardini e cortili sono abbelliti da bouganville e gelsomini che superano i muri di cinta, colorando le strade del paese.
Su queste stesse vie, si aprono le attività di ristorazione: ristoranti, trattorie e locande accolgono i visitatori proponendo sia gastronomia locale che cucina internazionale, con un “occhio” particolare ai paesi del Mediterraneo che, ogni anno, a settembre, si ritrovano proprio a San Vito Lo Capo per la kermesse (non solo) gastronomica, oramai nota in tutto il mondo, che è il Cous Cous Fest. Prevalente, sulle tavole, è il pesce, fornito giornalmente anche dalla marineria sanvitese: la pesca è stata per secoli l’attività principale, in paese, ed è tuttora protagonista per quanti apprezzano la buona tavola… non a caso, il cous cous, da queste parti, come lungo tutta la costa trapanese, è, tradizionalmente, quello a base di pesce ed è nello stesso brodo che si cuociono le cascatelle di ricotta, un primo piatto tipico di questo territorio, da non confondere con quelle dolci, fritte e spolverate di zucchero a velo.
A tre chilometri da Macari si giunge a San Vito Lo Capo. Dopo aver lasciato il mare ad ovest, si prosegue verso nord immettendosi nell’arteria principale del paese che porta, sempre dritto, alla famosissima spiaggia di sabbia chiara dal mare cristallino. Il borgo, tipicamente marinaro, si svolge intorno a tale via ed è caratterizzato, prevalentemente, da case di pochi piani dove predomina il bianco sulle facciate e l’azzurro o il legno naturale alle finestre, e dove giardini e cortili sono abbelliti da bouganville e gelsomini che superano i muri di cinta, colorando le strade del paese.
Su queste stesse vie, si aprono le attività di ristorazione: ristoranti, trattorie e locande accolgono i visitatori proponendo sia gastronomia locale che cucina internazionale, con un “occhio” particolare ai paesi del Mediterraneo che, ogni anno, a settembre, si ritrovano proprio a San Vito Lo Capo per la kermesse (non solo) gastronomica, oramai nota in tutto il mondo, che è il Cous Cous Fest. Prevalente, sulle tavole, è il pesce, fornito giornalmente anche dalla marineria sanvitese: la pesca è stata per secoli l’attività principale, in paese, ed è tuttora protagonista per quanti apprezzano la buona tavola… non a caso, il cous cous, da queste parti, come lungo tutta la costa trapanese, è, tradizionalmente, quello a base di pesce ed è nello stesso brodo che si cuociono le cascatelle di ricotta, un primo piatto tipico di questo territorio, da non confondere con quelle dolci, fritte e spolverate di zucchero a velo.
Passeggiare sulla via Savoia porta ad incontrare quello che è il monumento più importante del paese: il Santuario di San Vito martire, una vera e propria fortezza costruita intorno all’originaria cappella – costruita nel 300 in onore del patrono, qui transitato, insieme alla nutrice Crescenzia e al pedagogo Modesto, nella sua fuga da Mazara del Vallo – per difenderla da incursioni nemiche e ospitare in sicurezza i fedeli qui giunti in pellegrinaggio. L’edificio, realizzato in questa forma nel 1400, conteneva alloggi eleganti per i nobili ma anche stanze modeste per la gente umile, giacché la sua fama richiamava fedeli da ogni dove. Per questo, nel 1700, cominciarono a sorgere abitazioni vicine al grande Santuario, destinate ad offrire vitto e alloggio ai pellegrini: un piccolo nucleo abitativo attorno al quale si sarebbe sviluppato il paese vero e proprio.
All’interno del Santuario, l’attenzione è catturata dallo splendido, antico altare, restaurato intorno al 1780 con marmi della zona, dove tra tutto risalta la statua del giovanissimo San Vito (subì il martirio a circa 22 anni) datata alla fine del 1500 e attribuita ad Antonello Gagini. L’esterno dell’edificio è stato restaurato in tempi recenti, nel 1998, compresa la torre d’avvistamento in esso inglobata.
Passeggiare sulla via Savoia porta ad incontrare quello che è il monumento più importante del paese: il Santuario di San Vito martire, una vera e propria fortezza costruita intorno all’originaria cappella – costruita nel 300 in onore del patrono, qui transitato, insieme alla nutrice Crescenzia e al pedagogo Modesto, nella sua fuga da Mazara del Vallo – per difenderla da incursioni nemiche e ospitare in sicurezza i fedeli qui giunti in pellegrinaggio. L’edificio, realizzato in questa forma nel 1400, conteneva alloggi eleganti per i nobili ma anche stanze modeste per la gente umile, giacché la sua fama richiamava fedeli da ogni dove. Per questo, nel 1700, cominciarono a sorgere abitazioni vicine al grande Santuario, destinate ad offrire vitto e alloggio ai pellegrini: un piccolo nucleo abitativo attorno al quale si sarebbe sviluppato il paese vero e proprio.
All’interno del Santuario, l’attenzione è catturata dallo splendido, antico altare, restaurato intorno al 1780 con marmi della zona, dove tra tutto risalta la statua del giovanissimo San Vito (subì il martirio a circa 22 anni) datata alla fine del 1500 e attribuita ad Antonello Gagini. L’esterno dell’edificio è stato restaurato in tempi recenti, nel 1998, compresa la torre d’avvistamento in esso inglobata.
Per quanto detto, l’architettura del Santuario di San Vito martire si presenta come una interessante commistione tra elementi di costruzione militare – la torre, le feritoie, il guardaporte –, religiosa, come il rosone, le nicchie, il campanile, e civile come lo scalone nobile e i balconi. Tale particolarità è visibile accedendo al Museo del Santuario, ospitato nei locali che circondano la chiesa, destinati, nei secoli scorsi, a guarnigione e a “struttura ricettiva” per i pellegrini abbienti, che ospita, tra l’altro, un’importante collezione di argenti sacri, paramenti antichi provenienti da manifatture palermitane del ’700 ma anche una casula seicentesca, oggetti della vita quotidiana dati in dono al Santo, simboli della devozione popolare, oltre ad opere pittoriche e sculture, anche contemporanee.
Da ammirare, inoltre, la statua lignea dell’Immacolatella, proveniente dall’antica Tonnara del Secco ed oggi restaurata, che rappresenta una Vergine ragazzina, bellissima nella sua semplicità.
Per quanto detto, l’architettura del Santuario di San Vito martire si presenta come una interessante commistione tra elementi di costruzione militare – la torre, le feritoie, il guardaporte –, religiosa, come il rosone, le nicchie, il campanile, e civile come lo scalone nobile e i balconi. Tale particolarità è visibile accedendo al Museo del Santuario, ospitato nei locali che circondano la chiesa, destinati, nei secoli scorsi, a guarnigione e a “struttura ricettiva” per i pellegrini abbienti, che ospita, tra l’altro, un’importante collezione di argenti sacri, paramenti antichi provenienti da manifatture palermitane del ’700 ma anche una casula seicentesca, oggetti della vita quotidiana dati in dono al Santo, simboli della devozione popolare, oltre ad opere pittoriche e sculture, anche contemporanee.
Da ammirare, inoltre, la statua lignea dell’Immacolatella, proveniente dall’antica Tonnara del Secco ed oggi restaurata, che rappresenta una Vergine ragazzina, bellissima nella sua semplicità.
Ad ovest del paese, la strada continua verso il Faro che si erge all’estremità di Capo San Vito, costeggiando prima il cosiddetto “porto piccolo”, il molo di sottoflutto, destinato alle imbarcazioni da diporto – diversi operatori propongono noleggio ed escursioni da primavera fino ad estate inoltrata –, e dopo il molo di sopraflutto, dove vengono ormeggiate le imbarcazioni dei pescatori e dove una statua in bronzo di San Vito, di recente fattura, simbolicamente “protegge” la marineria sanvitese.
Nella zona del porto, elemento architettonico importante è il Torrazzo, una torre cilindrica, del tutto diversa dalle altre strutture d’avvistamento del territorio e ritenuta di costruzione araba, recentemente ristrutturata e destinata a museo.
Proseguendo, invece, verso est, sulla via del Secco, si va verso il Monte Monaco, oltre il quale si estende la Riserva dello Zingaro. Su questo versante della costa si trovano due torri che, insieme a quella dell’Isuliddra, a Macari, facevano parte del sistema di avvistamento a difesa delle coste siciliane dalle incursioni via mare messo a punto alla fine del ‘500 dall'architetto fiorentino Camillo Camilliani su incarico dei Viceré: Torre Sciere (dell'Usciere) e Torre ’Mpiso (dell’Impiccato). Entrambe posizionate a picco sul mare, come tutte le costruzioni camillianee anche queste hanno una struttura a base quadrata, un terrapieno destinato a contenere un’ampia cisterna e il deposito per le munizioni e, sopra di esso, un paio di ambienti per alloggiare i militari. Sulla terrazza erano posizionati i pezzi di artiglieria e venivano effettuati segnali con fumo e fuoco: da ciascuna torre, infatti, era possibile vedere la successiva e pertanto anche inviare messaggi o richieste d’aiuto che potevano fare abbastanza rapidamente il periplo dell’Isola.
Ad ovest del paese, la strada continua verso il Faro che si erge all’estremità di Capo San Vito, costeggiando prima il cosiddetto “porto piccolo”, il molo di sottoflutto, destinato alle imbarcazioni da diporto – diversi operatori propongono noleggio ed escursioni da primavera fino ad estate inoltrata –, e dopo il molo di sopraflutto, dove vengono ormeggiate le imbarcazioni dei pescatori e dove una statua in bronzo di San Vito, di recente fattura, simbolicamente “protegge” la marineria sanvitese.
Nella zona del porto, elemento architettonico importante è il Torrazzo, una torre cilindrica, del tutto diversa dalle altre strutture d’avvistamento del territorio e ritenuta di costruzione araba, recentemente ristrutturata e destinata a museo.
Proseguendo, invece, verso est, sulla via del Secco, si va verso il Monte Monaco, oltre il quale si estende la Riserva dello Zingaro. Su questo versante della costa si trovano due torri che, insieme a quella dell’Isuliddra, a Macari, facevano parte del sistema di avvistamento a difesa delle coste siciliane dalle incursioni via mare messo a punto alla fine del ‘500 dall'architetto fiorentino Camillo Camilliani su incarico dei Viceré: Torre Sciere (dell'Usciere) e Torre ’Mpiso (dell’Impiccato). Entrambe posizionate a picco sul mare, come tutte le costruzioni camillianee anche queste hanno una struttura a base quadrata, un terrapieno destinato a contenere un’ampia cisterna e il deposito per le munizioni e, sopra di esso, un paio di ambienti per alloggiare i militari. Sulla terrazza erano posizionati i pezzi di artiglieria e venivano effettuati segnali con fumo e fuoco: da ciascuna torre, infatti, era possibile vedere la successiva e pertanto anche inviare messaggi o richieste d’aiuto che potevano fare abbastanza rapidamente il periplo dell’Isola.